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Un servizio di risoluzione dei nomi, ovvero quanto viene fornito da un servente DNS, è ciò che gestisce la traduzione di un nome di dominio in un numero IP e viceversa. L'elaboratore che fornisce questo servizio può rispondere direttamente alle richieste riferite ai nomi di dominio di competenza della sua zona, mentre per quelli restanti deve interpellare altri nodi competenti. Il capitolo inizia con l'illustrazione di un esempio, contando sull'intuizione del lettore.(1)
In questo capitolo e in tutto il resto del documento, si fa riferimento generalmente al pacchetto BIND, (2) quando si parla del programma named per la gestione del sistema di risoluzione dei nomi. È bene cercare di non fare confusione: named è il nome del demone che compie il lavoro; BIND è il nome del pacchetto che racchiude tutto il necessario alla gestione del DNS, compreso named.
Si dispone di una piccola rete locale composta da due elaboratori con indirizzi IPv4 e IPv6:
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Il primo di questi due elaboratori è connesso a Internet attraverso la rete telefonica e viene predisposto per gestire un servizio di risoluzione dei nomi attraverso il demone named.
La connessione telefonica serve solo all'elaboratore dinkel e non permette all'altro elaboratore di accedere a Internet.
Quando non si gestisce localmente un servizio di risoluzione dei nomi e si vuole accedere a Internet, è necessario almeno fare uso di un servizio esterno, di solito messo a disposizione dallo stesso fornitore di accesso.
/etc/host.conf
(sezione 186.1.1)
È il file di configurazione principale dei servizi di rete. Serve in particolare per determinare in che modo si intendono risolvere i nomi di dominio. L'esempio seguente è quello classico, utilizzato quasi sempre.
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L'opzione order indica l'ordine dei servizi. In questo caso si utilizza prima il file /etc/hosts
e quindi si interpella il servizio di risoluzione dei nomi.
/etc/hosts
(sezione 186.2.1)
Questo file permette di definire i nomi degli elaboratori abbinati al loro indirizzo IP, senza fare uso di un servente DNS. Per entrambi gli elaboratori dell'esempio, va bene il contenuto seguente:
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/etc/networks
(sezione 186.2.2)
Questo file attribuisce i nomi agli indirizzi di rete. Per entrambi gli elaboratori dell'esempio va bene il contenuto seguente:
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/etc/resolv.conf
(sezione 186.2.3)
Viene usato per conoscere l'indirizzo o gli indirizzi dei servizi di risoluzione dei nomi di competenza della rete cui si appartiene. Se non si vuole gestire questo servizio nella propria rete locale, se ne deve indicare almeno uno esterno per accedere a Internet. Nell'esempio seguente, si fa riferimento a un indirizzo fornito dal proprio ISP (l'indirizzo dell'esempio è messo a caso: deve essere sostituito con uno o più indirizzi forniti dal proprio ISP).
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Il tipo di servizio di risoluzione dei nomi più semplice è quello che si occupa solo di accumulare in una memoria cache gli ultimi indirizzi richiesti, senza avere alcuna competenza di zona. Il servizio viene allestito all'interno dell'elaboratore dinkel.
/etc/resolv.conf
(186.2.3)
Viene modificato in modo da fare riferimento all'indirizzo locale (localhost
), dal momento che si intende usare il proprio elaboratore per la gestione del servizio di risoluzione dei nomi.
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/etc/named.conf
o /etc/bind/named.conf
Viene utilizzato da named come punto di partenza della configurazione del servizio DNS.
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La prima direttiva, che occupa le prime quattro righe, definisce in particolare la directory predefinita per contenere gli altri file di configurazione del servizio di risoluzione dei nomi.
La seconda direttiva indica il file named.root
contenuto in /etc/bind/
che serve come fonte per gli indirizzi necessari a raggiungere i servizi di risoluzione dei nomi del dominio principale (ciò è rappresentato simbolicamente dal punto isolato).
La terza direttiva indica il file 127.0.0
contenuto in /etc/bind/zone/
, utilizzato come configurazione per la rete dell'elaboratore locale (localhost
).
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/etc/named.boot
(obsoleto)
Nelle versioni più vecchie di named, al posto del file named.conf
, si usava named.boot
. L'esempio seguente è l'equivalente di quanto mostrato nel punto precedente.
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/etc/bind/named.root
, /etc/bind/named.ca
Si tratta del file contenente le indicazioni necessarie a raggiungere i servizi di risoluzione dei nomi del dominio principale. Nella consuetudine può avere diversi nomi, tra cui i più importanti sono named.root
e named.rc
. Questo file viene realizzato da un'autorità esterna e viene quindi semplicemente utilizzato così com'è. Segue un esempio di questo.
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/etc/bind/zone/127.0.0
Definisce la configurazione per la rete 127.0.0.*, cioè quella a cui appartiene il nome localhost
.
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La prima riga, SOA (Start of authority), è il preambolo del file. Si riferisce all'origine rappresentata dal simbolo @ (in questo caso @ rappresenta 0.0.127.in-addr.arpa
) e definisce in particolare i dati seguenti:
l'elaboratore di provenienza, localhost.localdomain
, indicato in modo assoluto e per questo terminato con un punto;
l'indirizzo di posta elettronica della persona o del gruppo che mantiene il servizio di risoluzione dei nomi (in questo caso, la notazione root.localhost.localdomain. si riferisce all'utente root@localhost.localdomain e l'indirizzo è assoluto perché termina con un punto);
il numero di serie, rappresentato in modo da comprendere la data (anno, mese, giorno), seguita da due cifre che permettono di esprimere la versione del giorno.
La seconda riga, NS (Name server) indica il nome dell'elaboratore che offre il servizio di risoluzione dei nomi.
La terza riga, PTR, indica che il nome di dominio 1.0.0.127.in-addr.arpa
(ovvero l'indirizzo 127.0.0.1) corrisponde a localhost.localdomain
.
Perché il servizio di risoluzione dei nomi sia in grado di gestire anche la rete locale, occorre che possa tradurre i nomi utilizzati nella rete locale in indirizzi IP e viceversa.
/etc/named.conf
o /etc/bind/named.conf
Il file viene modificato in modo da fare riferimento ad altri due file:
/etc/bind/zone/dg
per la trasformazione dei nomi di dominio appartenenti al dominio principale della rete locale (dg
) in indirizzi numerici;
/etc/bind/zone/brot.dg
per la trasformazione dei nomi di dominio appartenenti alla rete locale brot.dg
in indirizzi numerici;
/etc/bind/zone/192.168.1
per la trasformazione degli indirizzi IPv4 appartenenti alla rete locale (192.168.1.*) in nomi di dominio;
/etc/bind/zone/fec0:0:0:1
per la trasformazione degli indirizzi IPv6 appartenenti alla rete locale (fec0:0:0:1:*) in nomi di dominio.
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/etc/named.boot
(obsoleto)
Questo file viene usato nelle versioni più vecchie di named. Quello che segue è il contenuto equivalente a quanto mostrato nel punto precedente, ma senza la zona per IPv6.
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/etc/bind/zone/192.168.1
Definisce la configurazione per la rete locale 192.168.1.*.
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In tal modo è possibile determinare che l'indirizzo 192.168.1.1 corrisponde a dinkel.brot.dg
e che 192.168.1.2 corrisponde a roggen.brot.dg
.(3)
/etc/bind/zone/dg
Definisce la configurazione per la rete locale dg
.
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In tal modo è possibile determinare non ci sono nomi corrispondenti a nodi, che dipendono direttamente dalla zona dg
.
/etc/bind/zone/brot.dg
Definisce la configurazione per la rete locale della zona brot.dg
.
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In tal modo è possibile determinare che l'indirizzo dinkel.brot.dg
corrisponde a 192.168.1.1 per IPv4 e a fec0:0:0:1:0:0:0:1 per IPv6; inoltre, roggen.brot.dg
corrisponde a 192.168.1.2 per IPv4 e a fec0:0:0:1:0:0:0:2 per IPv6.
/etc/bind/zone/127.0.0
Dal momento che adesso l'elaboratore locale può essere identificato con un nome più significativo del semplice localhost
, conviene modificare anche il file /etc/bind/zone/127.0.0
, benché ciò non sia strettamente necessario.
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/etc/bind/zone/fec0:0:0:1
Definisce la trasformazione degli indirizzi IPv6 appartenenti alla rete locale (fec0:0:0:1:*) in nomi di dominio.
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Si osservi il fatto che è possibile avere indirizzi IPv4 e indirizzi IPv6 che si risolvono in un nome in comune.
Gli altri elaboratori della rete locale, in questo caso solo roggen.brot.dg
, fanno uso del servizio di risoluzione dei nomi offerto da dinkel.brot.dg
, cioè 192.168.1.1, quindi il loro file /etc/resolv.conf
deve contenere il riferimento a questo:
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Per aggiungere anche l'indicazione di un servente di posta elettronica, basta modificare il file /etc/bind/zone/brot.dg
contenuto nell'elaboratore dinkel.brot.dg
, aggiungendo la riga MX:
|
Spesso è conveniente definire dei nomi fittizi riferiti a elaboratori che ne hanno già uno. Viene modificato il file /etc/bind/zone/brot.dg
in modo da aggiungere gli alias www.brot.dg
e ftp.brot.dg
, che fanno riferimento sempre al solito dinkel.brot.dg
che però svolge anche le funzioni di servente HTTP e FTP:
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Se la rete locale funziona senza poter accedere alla rete Internet esterna, conviene evitare che si tenti di interrogare i servizi di risoluzione dei nomi del dominio principale. basta commentare la direttiva che attiva questa ricerca nel file named.conf
.
/etc/named.conf
o /etc/bind/named.conf
I commenti possono iniziare con una doppia barra obliqua (//), terminando così alla fine della riga, oppure possono essere indicati nella stessa forma del linguaggio C: /*...*/.
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/etc/named.boot
(obsoleto)
I commenti sono preceduti da un punto e virgola:
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Dopo l'esempio visto nella prima parte di questo capitolo, conviene riepilogare le competenze dei vari componenti che permettono la gestione del servizio di risoluzione dei nomi.
Il programma named è il demone che compie in pratica il servizio di risoluzione dei nomi del pacchetto BIND. Si avvale di un file di avvio (o di configurazione) che in passato è stato /etc/named.boot
e attualmente è invece /etc/named.conf
, oppure /etc/bind/named.conf
. Eventualmente, se viene indicato un nome di file negli argomenti, viene utilizzato quel file invece di quello predefinito.
named [opzioni] [[-b] file_di_avvio] |
Nei sistemi in cui si attiva la gestione di un servizio di risoluzione dei nomi, named viene avviato dalla procedura di inizializzazione del sistema (Init), ma può anche essere avviato manualmente.
A ogni modo, se la propria distribuzione GNU non mette a disposizione uno script specifico (per esempio il file /etc/init.d/bind
), si può controllare il funzionamento o il riavvio di questo demone attraverso il programma rndc, che fa sempre parte di BIND. Quello che segue è solo una semplificazione dello schema sintattico complessivo:
rndc {start|stop|restart} |
Il significato dell'argomento è intuitivo: avvia, ferma o riavvia il servizio. Evidentemente, è necessario riavviare il servizio ogni volta che si modifica la configurazione.
Il file named.conf
, che si trova di solito nella directory /etc/
oppure in /etc/bind/
, è il punto di partenza della configurazione di un servizio di risoluzione dei nomi attraverso named. Può contenere diversi tipi di direttive. L'esempio seguente riprende e descrive i casi già visti:
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La direttiva options serve a definire una serie di opzioni di funzionamento. Nell'esempio viene dichiarata in particolare l'opzione directory che indica la collocazione predefinita di altri file usati per la configurazione del servizio di risoluzione dei nomi.
In condizioni normali, la directory indicata dall'opzione directory, corrisponde a /var/cache/bind/
. In tal caso, tuttavia, per fare riferimento a file di zona collocati all'interno della directory /etc/bind/
, le direttive relative indicano dei percorsi assoluti; per esempio:
|
La direttiva zone "." {...} viene utilizzata per definire che per il dominio principale (rappresentato da un punto), si utilizza il file named.root
(contenuto nella directory predefinita) e che questo viene messo in una memoria cache (type hint). Il dominio principale è quello di origine e il file named.root
contiene gli indirizzi necessari a raggiungere i servizi di risoluzione dei nomi di quel dominio (cioè quelli di partenza). Il nome usato per il file named.root
può cambiare da un sistema a un altro.
La terza direttiva definisce un file (zone/127.0.0
) contenente informazioni autorevoli sulla rete 0.0.127.in-addr.arpa
(127.0.0.*). In pratica, il file zone/127.0.0
serve per tradurre gli indirizzi di quella sottorete in nomi. Di solito si tratta solo di tradurre 127.0.0.1 in localhost
.
La quarta direttiva definisce un file (zone/192.168.1
) contenente informazioni autorevoli sulla rete 1.168.192.in-addr.arpa
(192.168.1.*). In pratica, il file zone/192.168.1
serve per tradurre gli indirizzi di quella sottorete in nomi.
La quinta direttiva definisce un file (zone/fec0:0:0:1
) contenente informazioni autorevoli sulla rete \[xfec0000000000001/64].ip6.arpa
(ffec:0:0:0:1:*). In pratica, il file zone/fec0:0:0:1
serve per tradurre gli indirizzi della rete locale IPv6 in nomi.
La sesta direttiva definisce un file (zone/dg
) contenente informazioni autorevoli sulla rete dg
, a cui non corrisponde un gruppo di indirizzi. Dal momento che nell'esempio proposto non ci sono nomi di dominio completi del tipo nome.dg
, il file non contiene la traduzione di alcunché, ma serve per completare la struttura delle zone.
La settima direttiva definisce un file (zone/brot.dg
) contenente informazioni autorevoli sulla rete brot.dg
(192.168.1.0, ma espressa per nome). In pratica, il file zone/brot.dg
serve per tradurre i nomi di quella sottorete in indirizzi IP. All'interno di questo file possono essere anche indicati degli alias e dei serventi per la gestione della posta elettronica.
Si può osservare che manca una direttiva che punti a un file per la risoluzione del dominio localdomain. Dal momento che si tratta di un dominio fittizio riferito all'interno del proprio elaboratore, non è pensabile che un altro elaboratore tenti di accedervi. Pertanto, per la sua traduzione è più che sufficiente la presenza del file /etc/hosts
.
L'esempio seguente, per concludere, mostra in che modo espandere la direttiva options per aggiungere l'indicazione di un servizio di risoluzione dei nomi esterno a cui inoltrare le richieste:
|
Negli esempi visti fino a questo punto, il file /etc/bind/named.root
(o /etc/bind/named.ca
) è quello che definisce gli indirizzi dei servizi di risoluzione dei nomi a livello del dominio principale. Questi indirizzi cambiano nel tempo e il file aggiornato è ottenibile attraverso un'interrogazione per mezzo di Dig, come descritto nella sezione 188.3.3.(4) Segue un esempio di questo file.
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Il servizio di risoluzione dei nomi mette a disposizione le sue informazioni attraverso la rete, per i programmi che ne hanno bisogno. Per interrogare il servizio si possono usare programmi specifici, che vengono descritti in parte nelle sezioni successive.
Nslookup (5) è il programma tradizionale per l'interrogazione del servizio di risoluzione dei nomi. Esistono delle alternative a questo programma, forse più semplici da usare, ma conviene conoscerne almeno l'uso elementare.
L'eseguibile che svolge il lavoro è nslookup, che si utilizza secondo il modello sintattico seguente:
nslookup [opzioni] [nodo_da_trovare | - servente ] |
Nslookup offre due modalità di funzionamento: interattiva e non interattiva. Nel primo caso, il programma offre un invito attraverso il quale inserire dei comandi, nel secondo tutto si conclude con l'uso di argomenti nella riga di comando.
Si entra nella modalità interattiva quando non vengono forniti argomenti e di conseguenza viene utilizzato il servizio di risoluzione dei nomi predefinito attraverso il file /etc/resolv.conf
, oppure quando il primo argomento è un trattino (-) e il secondo è il nome o l'indirizzo necessario a raggiungere un servente per la risoluzione dei nomi. In tal caso, Nslookup mostra un invito costituito da un semplice simbolo di maggiore:
$
nslookup
[Invio]
>
Per uscire dalla modalità interattiva, si deve usare il comando exit:
>
exit
La modalità non interattiva viene utilizzata quando il nome o l'indirizzo di un nodo da cercare viene indicato come primo argomento. In tal caso, il secondo argomento opzionale è il nome o l'indirizzo per raggiungere un servizio di risoluzione dei nomi.
Nelle situazioni più comuni, ci si limita a usare il programma per tradurre un indirizzo in nome o viceversa. Segue la descrizione di alcuni esempi:
$
nslookup 192.168.1.2
[Invio]
restituisce il nome e l'indirizzo Internet corrispondente al nodo indicato attraverso il numero IP;
$
nslookup roggen.brot.dg.
[Invio]
restituisce il nome e l'indirizzo Internet corrispondente al nodo indicato attraverso il nome di dominio completo;
$
nslookup roggen.brot.dg. ns2.brot.dg
[Invio]
interpella il servizio di risoluzione dei nomi offerto dall'elaboratore ns2.brot.dg
per ottenere le informazioni su roggen.brot.dg
(indicato in modo assoluto).
Host (6) è un programma alternativo a Nslookup, il cui utilizzo è, per certi versi, un po' più semplice. L'eseguibile che compie il lavoro è host:
host [opzioni] {nodo| -l zona} [servente_dns] |
Le opzioni e le relative funzionalità a disposizione sono molte. Per lo studio dettagliato delle possibilità di questo programma conviene consultare la sua pagina di manuale: host(1).
Dal modello sintattico presentato si può osservare che il primo argomento dopo le opzioni, è il nome o l'indirizzo di un nodo, oppure il nome di una zona, espressa attraverso il nome di dominio relativo. Eventualmente, si può aggiungere un secondo argomento che permette di specificare un servente DNS alternativo a quello predefinito. La tabella seguente riepiloga le opzioni più comuni.
Seguono alcuni esempi:
$
host dinkel.brot.dg
[Invio]
mostra il nome e l'indirizzo corrispondente;
$
host 192.168.1.1
[Invio]
mostra l'indirizzo e il nome corrispondente;
$
host -l brot.dg
[Invio]
$
host -l dg
[Invio]
$
host -l 1.168.192.in-addr.arpa
[Invio]
mostra la lista completa dei nodi nella zona 1.168.192.in-addr.arpa
, ovvero della rete 192.168.1.*;
$
host -t AAAA dinkel.brot.dg
[Invio]
mostra l'indirizzo IPv6, ottenuto da un record AAAA (ammesso che sia disponibile, essendo stato sostituito dai record A6).
Dig, (7) ovvero Domain information groper è un sistema di interrogazione dei servizi DNS, flessibile e complesso nel contempo. Si compone dell'eseguibile dig, che si utilizza secondo lo schema seguente, che qui appare semplificato rispetto alla sintassi completa:
dig [@servente_dns] [opzioni] [nome_risorsa] [tipo_richiesta] [opzione...] |
Un utilizzo comune di questo eseguibile, si traduce nella sintassi seguente:
dig [@servente_dns] nome_risorsa [tipo_richiesta] |
L'esempio seguente restituisce il record «A» della risorsa dinkel.brot.dg
, assieme ad altre informazioni di contorno:
$
dig @127.0.0.1 dinkel.brot.dg A
[Invio]
Il listato è interrotto per motivi tipografici:
; <<>> DiG 9.2.0 <<>> @127.0.0.1 dinkel.brot.dg A ;; global options: printcmd ;; Got answer: ;; ->>HEADER<<- opcode: QUERY, status: NOERROR, id: 4122 ;; flags: qr aa rd ra; QUERY: 1, ANSWER: 1, AUTHORITY: 1, ADDITIONAL: 2 ;; QUESTION SECTION: ;dinkel.brot.dg. IN A ;; ANSWER SECTION: dinkel.brot.dg. 86400 IN A 192.168.1.1 ;; AUTHORITY SECTION: brot.dg. 86400 IN NS dinkel.brot.dg. ... |
In pratica si ottiene l'indirizzo IPv4 associato al nome dinkel.brot.dg
, dal servente DNS raggiungibile all'indirizzo 127.0.0.1. Ma per fare la ricerca opposta (il nome a partire dall'indirizzo), occorre indicare il nome di dominio appartenente a in-addr.arpa
:
$
dig @127.0.0.1 1.1.168.192.in-addr.arpa PTR
[Invio]
Ecco un piccolo estratto di ciò che Dig può restituire:
... ;; ANSWER SECTION: 1.1.168.192.in-addr.arpa. 86400 IN PTR dinkel.brot.dg. ... |
Prima di andare oltre questi esempi elementari, è bene chiarire che se si omette l'indicazione del servente da interrogare, Dig utilizza il primo che riesce a raggiungere dall'elenco contenuto nel file /etc/resolv.conf
; inoltre, se manca l'indicazione del tipo di record da cercare, si intende il tipo «A», ovvero quello che abbina nomi di dominio a indirizzi IPv4.
Appare subito la difficoltà dell'utilizzo di questo strumento, che richiede un conoscenza approfondita del modo in cui si descrivono i file di zona di un servizio DNS.
Per ottenere la risoluzione inversa da un indirizzo al nome corrispondente, si può usare una forma alternativa del comando:
dig [@servente_dns] -x indirizzo_numerico |
Per esempio, per trovare il nome corrispondente al numero 192.168.1.1 si può usare il comando seguente:
$
dig @127.0.0.1 -x 192.168.1.1
[Invio]
Il risultato è lo stesso già visto per l'interrogazione di un record PTR.
Alla fine degli argomenti normali della riga di comando, si possono aggiungere delle opzioni speciali, che iniziano con il segno +, con le quali si modifica il comportamento di Dig. Tra tutte, merita attenzione l'opzione +short, che consente di ridurre al minimo le informazioni restituite da Dig. Per esempio, il comando seguente interroga il record «A» della risorsa dinkel.brot.dg
, restituendo semplicemente il numero dell'indirizzo IPv4 corrispondente:
$
dig dinkel.brot.dg +short
[Invio]
192.168.1.1 |
Come ultima considerazione su Dig, si vuole mostrare cosa succede se si utilizza senza alcun argomento:
$
dig
[Invio]
Se è disponibile l'accesso alla rete esterna, si ottiene il file contenente l'elenco dei serventi DNS competenti per il dominio principale (.), come ottenuto dall'interrogazione del servente DNS predefinito (/etc/resolv.conf
):
; <<>> DiG 9.2.0 <<>> ;; global options: printcmd ;; Got answer: ;; ->>HEADER<<- opcode: QUERY, status: NOERROR, id: 19406 ;; flags: qr rd ra; QUERY: 1, ANSWER: 13, AUTHORITY: 0, ADDITIONAL: 13 ;; QUESTION SECTION: ;. IN NS ;; ANSWER SECTION: . 3430 IN NS F.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS G.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS H.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS I.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS J.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS K.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS L.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS M.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS A.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS B.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS C.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS D.ROOT-SERVERS.NET. . 3430 IN NS E.ROOT-SERVERS.NET. ;; ADDITIONAL SECTION: F.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 192.5.5.241 G.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 192.112.36.4 H.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 128.63.2.53 I.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 192.36.148.17 J.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 198.41.0.10 K.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 193.0.14.129 L.ROOT-SERVERS.NET. 604629 IN A 198.32.64.12 M.ROOT-SERVERS.NET. 604629 IN A 202.12.27.33 A.ROOT-SERVERS.NET. 604637 IN A 198.41.0.4 B.ROOT-SERVERS.NET. 604657 IN A 128.9.0.107 C.ROOT-SERVERS.NET. 604658 IN A 192.33.4.12 D.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 128.8.10.90 E.ROOT-SERVERS.NET. 604659 IN A 192.203.230.10 ;; Query time: 4 msec ;; SERVER: 127.0.0.1#53(127.0.0.1) ;; WHEN: Wed May 22 15:28:57 2002 ;; MSG SIZE rcvd: 436 |
Se non ci si fida del servente DNS predefinito, si può richiedere espressamente l'informazione a un nodo di fiducia; per esempio:
$
dig @rs.internic.net . ns
[Invio]
Appunti di informatica libera 2006.07.01 --- Copyright © 2000-2006 Daniele Giacomini -- <daniele (ad) swlibero·org>
1) Recentemente ci sono stati cambiamenti nel nome e nel formato del file di configurazione iniziale: al posto del vecchio /etc/named.boot
si utilizza /etc/named.conf
, oppure /etc/bind/named.conf
, che ha una sintassi differente dal primo.
2) BIND software libero con licenza speciale e restrizioni per quanto riguarda l'algoritmo RSA
3) I nomi di dominio sono completi (FQDN) perché sono indicati con un punto finale.
4) Il file originale riporta il riferimento all'indirizzo ftp.rs.internic.net
, che in pratica è inutilizzabile a causa della grande quantità di accessi.
5) Nslookup software libero con licenza speciale
6) Host software libero con licenza speciale
7) Dig software libero con licenza speciale
Dovrebbe essere possibile fare riferimento a questa pagina anche con il nome dns_introduzione.htm
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